
"Sire, non esiste una via regale" disse Euclide, rivolgendosi al suo allievo Re Tolomeo che trovava le sue lezioni difficili e gli aveva chiesto se non ci fosse un modo più facile per imparare la geometria…
Nessuno ha detto che sia facile. Possiamo spegnere tutto in ogni momento e fregarcene bellamente, tornando alle nostre (pre)-occupazioni, oppure …“fare l’investimento”… Traduzione: di fatto, è diventata una normale aspettativa avere un ‘immediato ritorno dell’investimento’ su qualsiasi cosa noi ci si accinga a fare, se non altro per giustificare il tempo che andremo a dedicarvi. Questo contribuisce a generare ansia sull’effettivo risultato. Figurarsi se poi quest’ultimo non è all’attesa delle aspettative. In economia la cosa si risolve facilmente: basta metterci un bel manager di stampo zotico-vulgar-commerciale, per dare tutta l’enfasi possibile ai preventivi e sorvolare sui consuntivi, tanto mica sarà colpa nostra, se non va tutto come previsto ?!?! Alla fine c’è pur sempre vasta scelta nella letteratura di settore per individuare qualcuno cui possiamo scaricare il peso di tutte le colpe: il capo testa di cazzo, i colleghi incompetenti, i sottoposti deficienti, il coniuge che non capisce, i figli schizzati, gli amici voltafaccia, i politici corrotti, gli altri in generale, insomma tutto il genere umano nella sua universale, becera totalità. Ah scusate, non dimentichiamoci il Destino avverso… insomma chiunque arriva sempre alla stessa conclusione: càzzarola, ma si sono TUTTI rincoglioniti ??? (tranne NOI ovviamente che non siamo MAI in discussione) O forse sarebbe meglio che cominciassimo proprio NOI, a darci una bella ripassata ????
A parziale smentita e a conferma che non esistono poi così tanti dogmi e Verità Supreme, si potrebbe dire che c’è un sacco di gente che vive benissimo con sé stessa pur comportandosi da emerita testa di cazzo, senza rispetto né per sé né tantomeno per gli altri… sì è vero, e ognuno di noi può rendersene conto ogni giorno, ma ciò non sposta neanche di un millimetro il fatto che in generale ci si senta meglio quando si è fatto qualcosa di percepibile come dignitoso in primis da noi stessi. Se c’è una cosa difficile che si impara, con tanta fatica, nell’esercitare il proprio mestiere, è che è necessario fare il possibile per dare ogni giorno l’esempio con il proprio AGIRE, conseguenza del proprio pensare: potrà essere anche difficile e poco pagante nei confronti dell’intero mondo, bieco e irriconoscente; e a parlare poi sono bravi tutti. Ma il FARE almeno serve a noi stessi, per continuare a stimarci come individui. E non è vero che abbia poco o alcun effetto sulla realtà, come tutto vorrebbe portarci a pensare.
Sarebbe tutto un po’ più facile se ci fermassimo anche solo un momento a riflettere sulla frenesia del quotidiano che ci attanaglia e ci rende sempre più schiavi di tempistiche e scadenze spesso non personali, ma dettate dalle organizzazioni cui apparteniamo. Attenzione, in questa accezione anche una famiglia è un’organizzazione, così come un gruppo di lavoro, la squadra di calcetto, la società tutta. Si cominci allora a porre almeno per un istante in secondo piano la necessità che tutte le cose che affrontiamo debbano sempre, forzatamente, avere un immediato riscontro in termini economici, di efficienza o di utilità. Può accadere che un risultato di una qualsiasi azione debba essere valutato su un termine un po’ più lungo, magari proprio perché si va ad operare su uno strato di coscienza non superficiale… chiaro, siamo ben svegli e consapevoli che sul lungo termine siamo tutti morti, ma anche qui la chiave sta nella ricerca di un equilibrio sostenibile. La ricerca di vivere in un equilibrio sostenibile non solo è un diritto inalienabile di ogni singolo, ma anche un dovere di ciascuno di noi. Quando si arriva in prossimità di un incrocio stradale, si frena: così i nostri diritti dovrebbero rallentare se entrano in rotta di collisione con i diritti altrui. E frenare diventa il nostro dovere. Non è che per aver frenato ci dobbiamo sentire degradati: sta a tutti noi adottare e rispettare delle regole di relazione condivise che permettano ad ognuno di esercitare i propri diritti nel rispetto di quelli degli altri (regoletta spesso dimenticata, anche ai semafori….) . Specialmente in azienda, non bisognerebbe mai dimenticarsi di ricordarsi le regolette di base, in particolare quando si è “vicini a un incrocio”…! Purtroppo la pazienza sembra una risorsa esaurita, ma le cose non sono quasi mai o bianche o nere. E anche il Padreterno ci ha messo una settimana per costruire l’Universo….. per cui, ognuno si dia il tempo che ritiene necessario. Non saper cogliere le sfumature, e la varietà d'interpretazione che ognuno può legittimamente dare agli eventi, può dimostrarsi un limite, un errore o comunque un’assenza di sensibilità che ha a sua volta ripercussioni sul reale. Ciò che stuzzica l’interesse è dato proprio dal fatto che sembrano esistere infinite realtà, frutto dell’interpretazione di ognuno di noi; così come indubbiamente esistono infiniti linguaggi per esprimere tali interpretazioni. Tutto ciò comporta un’immensa opportunità ma anche molta confusione: un insopprimibile ‘rumore di fondo’ generato dalla soggettività delle interpretazioni di quanto accade, che rende impossibile evitare di cadere nella diabolica tentazione di considerarsi –per esperienze personali pregresse, per anzianità, per semplicità di pensiero, per pigrizia- depositari della insindacabile Verità cui tutti gli altri prima o poi si dovrebbero adeguare. Non lo si ammette facilmente perché il nostro Ego (nessuno escluso) è tanto permaloso quanto presuntuoso; ma riconoscerlo è uno dei primi passi verso una più alta comprensione di Sé. I luoghi di aggregazione sociale, in primo luogo l’azienda e la famiglia, sono i territori maggiormente deputati all’esplicazione di tali distorsioni, se non altro perché ci passiamo la maggior parte del nostro tempo e quindi è più semplice passare da relazioni superficiali o epidermiche a relazioni più stabili e radicate, con tutto il background che questo comporta. Le differenze di interpretazione degli avvenimenti e i diversi modi di esposizione sono all’ordine del giorno. A volte generano deboli o impercettibili differenze di veduta, altre volte invece distorcono totalmente l’evento, consapevolmente o inconsapevolmente, suscitando di volta in volta ripercussioni sullo stato d’animo: gioia, sconforto, depressione, eccetera. Certamente le modalità di esposizione (il dove, il quando, ma soprattutto il come) hanno un fortissimo carico di significato, anche a parità di evento. L’ opportunità da non lasciarsi scappare sta nel fatto che possiamo fare qualcosa: studiare queste dinamiche con l’obiettivo di costruire una maggiore consapevolezza attorno a questi invisibili costruttori della nostra realtà.- ©emmi (segue)
A parziale smentita e a conferma che non esistono poi così tanti dogmi e Verità Supreme, si potrebbe dire che c’è un sacco di gente che vive benissimo con sé stessa pur comportandosi da emerita testa di cazzo, senza rispetto né per sé né tantomeno per gli altri… sì è vero, e ognuno di noi può rendersene conto ogni giorno, ma ciò non sposta neanche di un millimetro il fatto che in generale ci si senta meglio quando si è fatto qualcosa di percepibile come dignitoso in primis da noi stessi. Se c’è una cosa difficile che si impara, con tanta fatica, nell’esercitare il proprio mestiere, è che è necessario fare il possibile per dare ogni giorno l’esempio con il proprio AGIRE, conseguenza del proprio pensare: potrà essere anche difficile e poco pagante nei confronti dell’intero mondo, bieco e irriconoscente; e a parlare poi sono bravi tutti. Ma il FARE almeno serve a noi stessi, per continuare a stimarci come individui. E non è vero che abbia poco o alcun effetto sulla realtà, come tutto vorrebbe portarci a pensare.
Sarebbe tutto un po’ più facile se ci fermassimo anche solo un momento a riflettere sulla frenesia del quotidiano che ci attanaglia e ci rende sempre più schiavi di tempistiche e scadenze spesso non personali, ma dettate dalle organizzazioni cui apparteniamo. Attenzione, in questa accezione anche una famiglia è un’organizzazione, così come un gruppo di lavoro, la squadra di calcetto, la società tutta. Si cominci allora a porre almeno per un istante in secondo piano la necessità che tutte le cose che affrontiamo debbano sempre, forzatamente, avere un immediato riscontro in termini economici, di efficienza o di utilità. Può accadere che un risultato di una qualsiasi azione debba essere valutato su un termine un po’ più lungo, magari proprio perché si va ad operare su uno strato di coscienza non superficiale… chiaro, siamo ben svegli e consapevoli che sul lungo termine siamo tutti morti, ma anche qui la chiave sta nella ricerca di un equilibrio sostenibile. La ricerca di vivere in un equilibrio sostenibile non solo è un diritto inalienabile di ogni singolo, ma anche un dovere di ciascuno di noi. Quando si arriva in prossimità di un incrocio stradale, si frena: così i nostri diritti dovrebbero rallentare se entrano in rotta di collisione con i diritti altrui. E frenare diventa il nostro dovere. Non è che per aver frenato ci dobbiamo sentire degradati: sta a tutti noi adottare e rispettare delle regole di relazione condivise che permettano ad ognuno di esercitare i propri diritti nel rispetto di quelli degli altri (regoletta spesso dimenticata, anche ai semafori….) . Specialmente in azienda, non bisognerebbe mai dimenticarsi di ricordarsi le regolette di base, in particolare quando si è “vicini a un incrocio”…! Purtroppo la pazienza sembra una risorsa esaurita, ma le cose non sono quasi mai o bianche o nere. E anche il Padreterno ci ha messo una settimana per costruire l’Universo….. per cui, ognuno si dia il tempo che ritiene necessario. Non saper cogliere le sfumature, e la varietà d'interpretazione che ognuno può legittimamente dare agli eventi, può dimostrarsi un limite, un errore o comunque un’assenza di sensibilità che ha a sua volta ripercussioni sul reale. Ciò che stuzzica l’interesse è dato proprio dal fatto che sembrano esistere infinite realtà, frutto dell’interpretazione di ognuno di noi; così come indubbiamente esistono infiniti linguaggi per esprimere tali interpretazioni. Tutto ciò comporta un’immensa opportunità ma anche molta confusione: un insopprimibile ‘rumore di fondo’ generato dalla soggettività delle interpretazioni di quanto accade, che rende impossibile evitare di cadere nella diabolica tentazione di considerarsi –per esperienze personali pregresse, per anzianità, per semplicità di pensiero, per pigrizia- depositari della insindacabile Verità cui tutti gli altri prima o poi si dovrebbero adeguare. Non lo si ammette facilmente perché il nostro Ego (nessuno escluso) è tanto permaloso quanto presuntuoso; ma riconoscerlo è uno dei primi passi verso una più alta comprensione di Sé. I luoghi di aggregazione sociale, in primo luogo l’azienda e la famiglia, sono i territori maggiormente deputati all’esplicazione di tali distorsioni, se non altro perché ci passiamo la maggior parte del nostro tempo e quindi è più semplice passare da relazioni superficiali o epidermiche a relazioni più stabili e radicate, con tutto il background che questo comporta. Le differenze di interpretazione degli avvenimenti e i diversi modi di esposizione sono all’ordine del giorno. A volte generano deboli o impercettibili differenze di veduta, altre volte invece distorcono totalmente l’evento, consapevolmente o inconsapevolmente, suscitando di volta in volta ripercussioni sullo stato d’animo: gioia, sconforto, depressione, eccetera. Certamente le modalità di esposizione (il dove, il quando, ma soprattutto il come) hanno un fortissimo carico di significato, anche a parità di evento. L’ opportunità da non lasciarsi scappare sta nel fatto che possiamo fare qualcosa: studiare queste dinamiche con l’obiettivo di costruire una maggiore consapevolezza attorno a questi invisibili costruttori della nostra realtà.- ©emmi (segue)
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